GNOSIS
Rivista italiana
diintelligence
Agenzia Informazioni
e Sicurezza Interna
» ABBONAMENTI

» CONTATTI

» DIREZIONE

» AISI





» INDICE AUTORI

Italiano Tutte le lingue Cerca i titoli o i testi con
Per Aspera Ad Veritatem n.26
Morte di un riformista

Michele Tiraboschi - Marsilio Editori, Venezia, 2003



In questo libro dal titolo emblematico, Morte di un Riformista, edito dalla Marsilio Editori a distanza di circa un anno dall’attentato in cui è stato ucciso dalle Brigate Rosse il giuslavorista Marco Biagi, c’è tutto l’affetto e la stima di chi ha conosciuto da vicino le qualità del professore bolognese, una persona perbene, una grande risorsa del Paese, dovendo poi affrontare la profonda ingiustizia e lo sgomento per la sua morte. Michele Tiraboschi, allievo prediletto e amico di Marco Biagi, ne racconta le grandi doti umane e le non comuni capacità professionali, condivise nel corso di un decennio di intensa collaborazione.
Scritto con lo scopo di voler partecipare ad altri la dimensione della straordinaria perdita umana, scientifica e politica – afferma Maurizio Sacconi nell’introduzione – il lavoro di Tiraboschi ha anche il pregio di presentare una descrizione dinamica, non solo tecnica, del processo di riforma e modernizzazione del mercato del lavoro italiano che Biagi ha promosso e concorso ad attuare con la forza delle sue intuizioni.
Egli perseguiva un quadro di regole capaci di comprendere la realtà fattuale, immaginando molteplici vie per un inserimento stabile nel mercato del lavoro.
Aveva individuato, in particolare, nella comparazione giuridica un valido metodo di studio e di confronto scientifico funzionale alla conoscenza ed alla risoluzione pragmatica dei problemi del mercato del lavoro.
Sensibile all’innovazione e alla progettualità sociale, particolarmente attento al mutamento e magistrale interprete degli sviluppi regolatori dei processi socio-economici, il professore era un precursore delle attuali tendenze giuslavoriste e cercava, con straordinaria umiltà, di mettere la sua visione del futuro al servizio di un progetto riformatore che non conosceva confini e condizionamenti politici e che era fondamentalmente rivolto alla formazione di uomini e di una nuova cultura del lavoro e delle relazioni industriali.
In Italia, paese europeo con il più basso tasso di occupazione regolare ed il più alto tasso di lavoro sommerso, il lavoro regolare era considerato da Biagi come la condizione necessaria per lo sviluppo della persona attraverso un ambiente sicuro, tutela sindacale, contatto con le migliori tecnologie, formazione continua, mobilità di un mercato trasparente.
Per una politica di autentico sviluppo delle risorse umane è indispensabile – ripeteva il professore – costruire una società attiva e, nel contempo, operare per migliorare la qualità del lavoro – creando le condizioni per un efficiente incontro tra domanda ed offerta – e, soprattutto, per incrementare l’utilizzo di tipologie contrattuali appropriate per contrastare il mercato del lavoro irregolare e non dichiarato.
Il suo più alto obiettivo, pertanto, era la redazione di uno Statuto dei lavori, un testo unico in materia di disciplina di tipologie contrattuali, in forma tipica o atipica, che fornisse agli operatori uno strumento agile e chiaro di gestione delle risorse umane e fosse in grado di garantire a tutti i lavoratori, non solo a quelli della grande o media impresa, un sistema di regole semplici e flessibili, sostanziali più che formali, tese a dare tutele in proporzione alla effettiva condizione di dipendenza socio-economica (senza rigidità tecnico-funzionale) del lavoratore.
L’Europa – affermava – sta vivendo la transizione da un sistema economico «industrialista» ad uno nuovo fondato sulle conoscenze. La velocità con cui si sta evolvendo il mercato e l’organizzazione del lavoro impone un’adeguata modifica del sistema delle forme di regolazione dei rapporti di lavoro che dovrà diventare più concorrenziale e meno indotto dall’attore pubblico.
Il mondo del lavoro è cambiato, il compenso del lavoratore dipendente non è l’unico elemento di motivazione ma ad essa concorrono fattori anche extramonetari; bisogna quindi realizzare, tra l’altro, quella che viene chiamata la democrazia economica, la partecipazione, cioè le modalità per coinvolgere i lavoratori nei processi decisionali e anche in quelli finanziari. Parte del ritorno economico, quindi, può essere data anche coinvolgendoli nelle scelte di investimento delle imprese stesse.
Il professore immaginava, in particolare, un sistema di partecipazione anche finanziaria dei lavoratori nelle aziende, che avesse come contropartita il controllo sulle scelte dell’impresa, attraverso il collegio dei sindaci.
Il giuslavorista aspirava a promuovere un modello evoluto di tipo collaborativo-partecipativo, ove i rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori cooperino per il comune obiettivo di valorizzare le persone accompagnandole a un posto di lavoro, certificando l’idoneo contenuto contrattuale, garantendo la continua occupabilità.
Il nome di Marco BIAGI è oggi legato, almeno tra gli addetti ai lavori, al Libro bianco sul mercato del lavoro, un documento ambizioso, presentato dal Governo italiano nell’ottobre 2001, nel quale il giuslavorista intravedeva la soluzione più innovativa ed efficace per avviare, con il più largo consenso possibile, il processo di riforma del nostro mercato del lavoro con l’obiettivo di creare maggiore occupazione e garantire a tutti un lavoro di qualità.
Il suo motto preferito era Progettare per modernizzare.
La sottoscrizione, nel luglio 2002, del Patto per l’Italia. Contratto per il lavoro – cui hanno aderito il Governo e le parti sociali esclusa la CGIL – e l’approvazione in via definitiva, da parte del Senato, nel febbraio 2003, del disegno di legge in materia di occupazione e mercato del lavoro (cd. legge Biagi), rappresentano due momenti importanti del laborioso processo di modernizzazione avviato da Biagi in quanto sembrano averne recepito sostanzialmente l’insegnamento ed esprimono un’impostazione europeistica particolarmente attenta all’obiettivo dell’innalzamento del tasso di occupazione.
Tuttavia, non è sul piano della mera redazione di un testo di legge quanto, piuttosto, sul piano culturale che si giocherà la battaglia decisiva per avviare concretamente l’ambizioso progetto di riforma di Biagi. È proprio sul terreno della cultura – afferma Tiraboschi – che si potrà sentire la mancanza di uomini determinati ed illuminati come Marco Biagi il cui sacrificio spera non sia stato inutile per noi, come persone, troppo spesso condizionate da miserie ed egoismi che non ci aiutano ad apprezzare fino in fondo la bellezza della vita e di quanti ci circondano.



© AGENZIA INFORMAZIONI E SICUREZZA INTERNA